L’odore del gelsomino è uno di quei profumi inconfondibili in grado di evocare, soprattutto nei siciliani, l’immediato ricordo delle propria terra. Provate nei giorni d’arsura a godervi un minuto di relax in giardino all’ombra di una pianta di gelsomino: il profumo dei suoi fiori, accentuato dalla calura, inebrierà i vostri sentimenti. La sua nomenclatura deriva dal persiano dall’arabo jsmin, ed è conosciuto ed apprezzato fin dall’antichità, oltre che per la sua splendida fioritura, anche per l’olio essenziale che si ricava dai fiori, molto usato in erboristeria e profumeria. Grazie al suo aroma caratteristico è utilizzato per aromatizzare dolci, gelati, granite e sorbetti che raccontano la Sicilia e la sua storia.
Nel film “Malena” del 2000 l’immagine della città fantastica di Castelcutò è costruita soprattutto tra Noto e Siracusa. Castelcutò, come molte altre location cinematografiche immaginarie, rappresenta un’ipersicilia. In un certo senso il luogo è immaginato per essere un coprotagonista della storia. Si costruisce una Sicilia perfetta, carica e densa, in cui gli stereotipi si moltiplicano per aiutare a comprendere i personaggi del film. Il centro identitario, che rende riconoscibile Castelcutò è senz’altro la piazza Duomo di Ortigia a Siracusa. Questa location è reiterata più volte nel film, molto spesso a rappresentare le “sfilate” della Bellucci animate dai commenti degli astanti.Questa location immutata fa anche da contraltare alle metamorfosi della protagonista e alla sua parabola fino all’amaro finale.
Giuseppe Tornatore firma questa indimenticabile pellicola del 1988. Vincitore nel 1990 dell’Oscar e del Golden Globe come Miglior Film Straniero, Nuovo Cinema Paradiso quando uscì nelle sale italiane non riscontrò successo, eccetto che a Messina, dove un cinema lo trasmise gratuitamente invitando la gente ad entrare in sala e pagare alla fine della proiezione solo se e dopo aver gradito il film.Un film intriso di Sicilia, a partire dal personaggio di Alfredo, ispirato ad Alfredo Vaccaro, puparo siciliano (siracusano) che avrebbe incontrato Tornatore e raccontato il suo mestiere di proiezionista con tutte le limitazioni di allora. Il paesino di Giancaldo, cornice della storia, in realtà è stato costruito, trattandosi di una montagna che sovrasta Bagheria, in provincia di Palermo. Le scene ambientate nel presunto Giancaldo sono state realizzate a Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, altre realizzate a Castelbuono e altre ancora a Cefalù e luoghi della provincia palermitana.
Giovanni Verga, catanese di nascita, è stato un drammaturgo, scrittore e uno dei più importanti esponenti della corrente letteraria veristica. Il Verismo è caratterizzato da un’attenzione alla vita quotidiana e alle classi sociali, facendo particolare riferimento alla Sicilia, sua terra natia. Acitrezza, piccolo villaggio di pescatori che giace sulla riviera dei Ciclopi, è stato scelto proprio da Verga come perfetta ambientazione geografica del romanzo. Il mondo di Acitrezza è quindi un mondo rurale, arcaico, segnato da una mentalità ristretta e chiusa, che si trova però a dover fare i conti con l’irrompere della modernità e del progresso, con tutte le loro contraddizioni, che arrivano a turbare la solida compattezza di quella società tradizionalista e conservatrice. La storia, infatti, è ambientata negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia, e i cambiamenti legati a quel particolare momento storico portano il microcosmo in cui vivono i Malavoglia a implodere. L’adesione al nuovo stato unitario porta infatti nel paese alcuni piccoli elementi di modernità che sono accolti con sospetto e paura dalla comunità e che contribuiranno a distruggerne il tessuto sociale, creando una spaccatura tra chi rifiuta tutto ciò che non appartiene alla tradizione e chi invece si lascia affascinare dalle novità. Quindi, la casa, focolare e rifugio domestico, è un luogo molto importante per i personaggi che, avendo subito gravi perdite familiari, cercano almeno di riavere quella casa così colma di ricordi, la casa del nespolo: è facile comprendere, quindi, i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Il bene della famiglia è il supremo valore.
Questa bianca falesia si trova lungo il tratto di mare tra Realmonte e Porto Empedocle, vicino ad Agrigento, la sua roccia è fatta di marna, tenera, calcarea, argillosa e di un bianco accecante. La natura, da grande artista, ha lavorato questa materia nel tempo, rendendola morbidamente sinuosa con l’aiuto del mare e la brezza salmastra, formando terrazze e smussando ogni angolo. Il mare, approfittando di questo bianco sfavillante, sfoggerà i suoi blu – azzurri più intensi e sedendovi sui gradini a guardarlo, vi abbandonerete ai pensieri più ameni. La forma che questo monumento della natura assume è quella per l’appunto di una scalinata, dove secondo la leggenda, durante le invasioni moresche che imperversarono nel ‘500, i turchi (così erroneamente chiamati) approdarono nel territorio dell’odierna Realmonte arrampicandosi sulle stratificazioni di questa falesia.
La rappresentazione dell’arancia come protagonista di racconti illustratori di personaggi appartenenti ad epoche antecedenti, divenne sempre più presente, viene posta al centro come metafora descrivendo in sé il carattere distintivo del personaggio raccontato, dalla buccia dura all’apparenza ma con un animo dolce come il succo al suo interno. Così che, quando negli anni trenta Vittorini rappresenta il suo celebre venditore d’arance, il tragico siciliano con la piccola moglie, costretto a mangiare arance, solo arance che nessuno vuole, non tiene più in mano il frutto ma la propria disperazione: tratto distintivo della propria avvilita miseria e della propria diversità.”Osservai il piccolo siciliano dalla moglie bambina pelare disperatamente l’arancia, e disperatamente mangiarla, con rabbia e frenesia, senza affatto voglia, e senza masticare, ingoiando e come maledicendo, le dita bagnate di sugo d’arancia nel freddo. E lui, piccolo siciliano, restò muto nella speranza, poi guardò ai suoi piedi la moglie bambina che sedeva immobile, scura, tutta chiusa, sul sacco, e diventò disperato, e disperatamente, si chinò e sfilò un po’ di spago dal paniere, tirò fuori un’arancia, e disperatamente l’offrì, ancora chino sulle gambe piegate, alla moglie e, dopo il rifiuto senza parole di lei, disperatamente fu avvilito con l’arancia in mano, e cominciò a pelarla per sé, a mangiarla lui, ingoiando come se ingoiasse maledizioni.” – scrive Vittorini.
L’Etna è il vulcano più alto e affascinante di tutta Europa, dalla sua cima si possono ammirare il blu del mare sottostante, in contrasto con il fuoco e il fumo che dal cratere toccano il cielo, e nei mesi più rigidi le vette innevate. Roboanti boati, nuvole di fumo e fontane di magma: è questo lo spettacolo che vi regalerà l’Etna durante la sua attività eruttiva. All’improvviso il cielo diventa di fuoco, con conseguenti piogge di sabbia nera vulcanica e cenere, tutto cambia colore, tutto sembra trasformarsi. Dalle bocche del vulcano scendono strisce rosso vivo, la lava incandescente si crea il proprio percorso non ne segue di altri, fino a raggiungere la Valle del Bove dove terminerà inerme la sua corsa, in cui il paesaggio sembra tutt’altro che terrestre: non ci sono alberi, solo sabbia nera e rocce laviche, accompagnato dal sordo brontolio proveniente dallo stomaco del vulcano.
Le Eolie: sette isole, sette tramonti da ammirare in sette giorni con un calice di Malvasia stretto tra le mani. Dopo una giornata trascorsa tra le meravigliose baie, non c’è niente di più rilassante e gratificante di godersi un tramonto sdraiati su un’amaca o, meglio ancora, a bordo di una barca che concede la visione di un paesaggio ben più ampio. Stromboli in continua eruzione che sbuffa e il cielo che dimentica l’azzurro nella sua tavolozza di colori: l’arancione, il viola e il rosa prevalgono rendendo il paesaggio unico nel suo genere. Sui tramonti sul mare, privilegio unico in terra isolana, risulterà sempre complicato riuscire a mettere nero su bianco la moltitudine di emozioni e sensazioni che riescono ad offrire gli ultimi raggi di luce della giornata. Di una cosa ne siamo certi però: siamo testimoni di una bellezza unica e da qualsiasi prospettiva la ammiriamo, sarà comunque il trinomio perfetto tra terra, acqua e fuoco.
Tra le città interamente ricostruite nei modi del barocco meridionale dopo il devastante terremoto del 1693, Noto costituisce un esempio di straordinario pregio. Palazzo Trigona è uno dei più interessanti esempi di edilizia privata della città e presenta una pianta a “U” tipica di molte costruzioni residenziali netine, con la facciata principale allineata sul corso. Al palazzo si accede tramite il portone del prospetto principale sulla strada, salendo per un monumentale scalone, si giunge al piano nobile dove una serie di ambienti dalle volte decorate a grottesche, costituiscono un unicum nell’ambito dell’architettura palatale di Noto.
Nel cuore del quartiere della Kalsa, in una zona ricca di imponenti strutture aristocratiche, sorge una delle più importanti dimore della Sicilia: Palazzo Gangi; la cui odierna fama si deve anzitutto all’inestimabile valore artistico. Il Palazzo rientrava in un fenomeno di trasformazioni edilizie diffuso a Palermo, durante la seconda metà del Settecento che, stimolato con tutta probabilità dalla necessità di far fronte ai danni provocati dal terremoto del 1751, si trasformò poi in una sorta di gara di ostentazione di magnificenza tra i rappresentanti di spicco dell’aristocrazia. Sala di spicco è sicuramente la Galleria degli Specchi, considerata come un capolavoro del barocco siciliano: questa venne ricoperta da uno scenografico doppio soffitto traforato, la cui ideazione è da riferire, con tutta probabilità, a Gigante.